Nascita del Coordinamento Nazionale No Triv
La nascita, tre anni fa, a Pisticci Scalo in Basilicata, del Coordinamento Nazionale No
Triv non ha natura esogena rispetto ai coordinamenti e alle reti locali e
interregionali sviluppatisi dal basso nel corso dell’ultimo decennio nel nostro
paese.
Solo l’anno precedente si era celebrata
in Italia una coinvolgente e appassionata campagna referendaria per affermare il
diritto all’acqua quale bene comune, per sottrarre questo bene alla
privatizzazione e al profitto e per riaffermare (per la seconda volta dopo il
1987!) in maniera chiara e inequivoca il no all’opzione nucleare.
L’ossatura della composizione soggettiva
dei movimenti che, in quella campagna referendaria,
dal basso hanno saputo con caparbietà collegare, controbattere, unire,
garantire presenza capillare sui territori, spendendosi con intelligenza ed
efficacia, pur nella totale scarsità delle disponibilità economiche, fino alla
vittoria, col raggiungimento e addirittura con un ampio superamento del quorum
richiesto, anche per i No Triv era sostanzialmente la stessa.
Emblematico al riguardo l’incontro a
carattere nazionale che si è avuto a Roma nel Novembre 2012 tra il Forum Italiano
dei Movimenti per l’Acqua e il neonato Coord naz No Triv, in cui tutti i
convenuti hanno ribadito non soltanto l’evidente complementarietà tra i due
movimenti, ma la loro sostanziale e “naturale” integrazione.
Molti, tra i fondatori del Coord. No
Triv, sono al contempo attivisti del Forum dei Movimenti per l’Acqua , così come
lo sono per le rinnovabili pulite e decisamente per il no secco al nucleare.
Il flusso che lega e rilancia i
movimenti per i beni comuni è ancora una volta lo stesso che è attento a
interpretare le esigenze dei territori tentando di legarle a una proposta a
carattere quantomeno interregionale.
Il Coord. No Triv nasce non a caso
nell’estate del 2012, in quanto la spinta alla coniugazione spontanea dal basso
dei comitati di lotta contro le richieste di autorizzazione finalizzate alle
attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi in terra e in mare,
difficilmente sarebbe mai giunta a maturazione in virtù di un processo di
spontanea aggregazione territoriale.
La vera spinta al confronto e all’impulso
organizzativo proveniva (e proviene tuttora) dalla coniugazione tra crisi
finanziaria internazionale e scelta normativa volta a facilitare l’illusione di
facili e veloci introiti fiscali legati alla trasformazione del Welfare State
in Estractive State.
Il famigerato art. 16 dell’ex
“decreto per le Liberalizzazioni”, gli artt. 35 e 38 del “decreto sviluppo (Dl
83,ora L 134/2012); la bozza di SEN (Strategia Energetica Nazionale); la prima
bozza di revisione costituzionale del Tit. V; sono le principali leve, tutte
targate 2012, dell’accelerazione allo stravolgimento della forma Stato nel
nostro paese, improntata appunto all’estrattivismo (fiscale) e alla
centralizzazione autoritaria nelle mani dell’Esecutivo dei non eletti (Renzi è
il terzo della serie).
Non deve pertanto risultare strano se
oggi ci troviamo ad affrontare una battaglia referendaria riguardante in primis
proprio l’art. 35 del Dl 83 ora L 134/2012. Il primo atto formale del nascente
Coordinamento, nella calura di metà Luglio 2012 a Pisticci, fu, infatti, una
lettera indirizzata a tutti i parlamentari italiani a non convertire in legge
l’allora art. 35 del Dl 83. Il Coordinamento poi ha insistito, anche
sollecitando proposte di legge parlamentare (che ci sono e non sono andate a
buon fine!); partecipando a specifiche audizioni parlamentari; denunciando sui
media e in ogni dove il furbesco aggiramento esercitato dal trio
Monti/Passera/Clini per garantire ai petrolieri la realizzazione di 25
progetti, come Ombrina in Abruzzo, Vega B nel Canale di Sicilia (cui potrebbero
aggiungersene altre decine).
Il percorso seguito dal Coord. No
Triv è stato in questo lineare e coerente, conducendo anche in questi anni (già
da fine 2012/inizi 2013) una campagna, in perfetta solitudine, contro i rischi
di delegittimazione e sottrazione dei poteri concorrenti Stato/Regioni.
Lo Sblocca Italia
Il devastante approccio decisionista
dello Sblocca Italia ha fatto il resto, mostrando la corda iperliberista e
ballando sul baratro del cimitero della democrazia formale e sostanziale.
Cortei, manifestazioni in ogni dove,
dossier, campagne stampa, efficaci servizi radio e TV; nascita di nuovi
comitati territoriali e di nuovi coordinamenti (si pensi a Democrazia e
Costituzione!), hanno alimentato le proteste.
La “questione energetica” (meglio
dire i proventi fiscali attesi dalla trivellazione a tappeto), con tutte le
conseguenze e le derivate (politiche, economiche, sociali) evidenziate dalle
sofferenze dei territori da decenni aggrediti dalle multinazionali del settore,
è esplosa nel paese, ben oltre i confini dei coordinamenti e dei movimenti
(territoriali e/o nazionali che siano).
Dopo i disegni di legge andati a
vuoto; dopo una campagna a tappeto per far deliberare in ogni dove i Comuni “in
soggezione” contro lo Sblocca Italia, per sollecitare i rispettivi presidenti
regionali a impugnare presso la Corte Costituzionale (quindi contro i
truffaldini commi introdotti nella Legge di Stabilità 2015 in sostituzione del
comma 1bis dell’art. 38 dello Sblocca Italia; poi contro il Nuovo Disciplinare
Tipo ambientale, con relativo sollecito al ricorso al TAR del Lazio), la
richiesta politica di dare spazio nelle reti e nei movimenti alla
necessità/opportunità di ricorrere allo strumento referendario si è arenata,
nei movimenti, sulla soglia di un dibattito solo accennato, soffocato in
partenza, ma sostanzialmente fermo a considerazioni di opportunità di tipo
statistico (vedi al proposito l’esito delle assemblee Contro lo Sblocca Italia
a Napoli il 7 Dicembre 2014; a Montesano sulla Marcellana il 18 Gennaio 2015;
il report dell’assemblea nazionale Nosbloccaitalia a Pescara del 24 Maggio
scorso).
In conclusione, (al netto di ogni
iniziativa a carattere regionale, delle manifestazioni, delle interpellanze
etc) per evitare di trovarsi per oltre
30 anni le trivelle nelle acque territoriali, almeno per le richieste sbloccate
dal governo Monti e accelerate da Renzi, e dopo che le associazioni
ambientaliste nazionali storiche avevano posto fondati dubbi circa la mancanza
dei tempi necessari alla raccolta delle 500 mila firme occorrenti per
promuovere i referendum, Il Coord No Triv ha ritenuto di dover sollecitare il
ricorso all’art. 75 della Costituzione e si è passati alla richiesta alle 5
Regioni necessarie.
Il Coord. No Triv , al termine di 3
anni di solleciti, ha proposto il referendum abrogativo di parte dell’art. 35 L
134/2012, per due sostanziali ordini di motivi:
1) Si
tratta dell’ultimo strumento che la legge consente di adoperare prima che le
autorizzazioni, sulla spinta dell’accelerazione impressa dalla richiesta di
attribuzione del titolo concessorio unico, possano essere rilasciate alle
compagnie petrolifere, rendendo la situazione irreversibile.
2) La
scelta del governo Renzi di far approvare a maggioranza (senza i 2/3 richiesti)
le leggi di revisione costituzionale comporta l’indizione (già annunciata) di
un referendum confermativo (ai sensi dell’art. 138 Cost), da celebrarsi entro
l’autunno del 2016. Lasciare “in solitaria” la campagna dei referendum
confermativi istituzionali significherebbe non contrapporre, di fatto, alcun
serio ostacolo contro l’arrogante imposizione di provvedimenti antidemocratici.
Il referendum abrogativo No Triv, anche celebrato pochi mesi prima di quello
confermativo istituzionale, potrebbe rappresentare comunque un valido
contributo al rafforzamento delle ragioni della campagna in difesa della
Costituzione.
La prospettiva della campagna referendaria si inserisce, quindi,
nella situazione politica attuale quale elemento dinamico che aiuta a far
saltare gli innumerevoli giochi politici orientati alla possibilità di far
rimanere compatibili ambiguità e contraddizioni generate con effetto domino dal
disposto normativo di Sblocca Italia e revisioni costituzionali.
Il progetto dell’Esecutivo ha iniziato a manifestare segni di
implosione, dopo aver portato al limite la stessa tenuta delle relazioni
sociali.
Il Referendum No Triv
Il fatto che (in numero ben superiore al necessario) le Regioni
accettassero di deliberare per il varo del referendum abrogativo dell’art. 35
della L 134/2012, come richiesto dal Coord. No Triv, ha ovviamente suscitato
meraviglia mista a soddisfazione, soprattutto perché un esito politicamente non
scontato si è consumato praticamente a ridosso del limite temporale stabilito
al 30 Settembre dalla Legge 352/70.
Inoltre, le assemblee legislative dei 20 Consigli regionali, lo
scorso 11 Settembre a Roma, si esprimevano favorevolmente e all’unanimità anche
per il varo di un pacchetto di altri quesiti abrogativi, incentrati sulla
necessità di recupero e garanzia delle competenze regionali e implicitamente
sulla richiesta di moratoria delle autorizzazioni.
La conferenza dei 6 presidenti di Regione a Bari, presso la Fiera
del Levante, lo scorso 18 Settembre, ha suggellato politicamente la decisione delle
assemblee consiliari regionali, aprendo di fatto un nuovo capitolo nella storia
delle relazioni Stato Regioni non solo in materia ambientale ed energetica.
Nessuno in tale contesto può chiamarsi a questo punto fuori dai
giochi.
Qualora la Corte Costituzionale dovesse emettere giudizio di
compatibilità per i quesiti presentati, la partita referendaria entrerebbe nel
vivo e stare alla finestra vorrebbe dire rinunciare a ingigantire le crepe che
la SEN sta mostrando dalla sua nascita; mentre invece occorre anche saper
approfittare della situazione di sbandamento e ripensamento che governo e
multinazionali sono costretti a subire all’ombra del calo del costo del barile.
Il combinato disposto referendario delinea con chiarezza la
prospettiva di una moratoria delle attività onshore e offshore.
Sarà compito di tutte/i rendere più incisiva la comunicazione e il
confronto sociale diffuso e costruttivo.
Dobbiamo confrontarci, approfondire con lucidità il quadro
controverso ma in movimento in cui ci troviamo, per poter affrontare insieme la
nuova sfida che ci attende.
Abbiamo bisogno di avviare un processo organizzativo adeguato,
sapendo fare tesoro dei consensi ottenuti nel crescendo delle ultime settimane.
Per poter affrontare con serenità e decisione i prossimi mesi che
ci separano dal probabile svolgimento del voto referendario, vediamoci tutte/i a Roma, Domenica 8
Novembre, dalle ore 10 alle ore 17 presso il C.S.O.A.“Parco delle Energie”
EXSNIA, via Prenestina n° 173.
Si propone, in vista dell’incontro a carattere nazionale, aperto
agli esponenti delle 200 associazioni e alle persone che hanno sottoscritto il
nostro appello, nonché agli esponenti e rappresentanti delle altre associazioni
ambientaliste e culturali, il seguente ordine del giorno, che si auspica possa
essere utilmente arricchito e condiviso.
Di seguito,
in termini generali, la proposta di O.d.G della giornata, che verrà sottoposta
al vaglio dell'Assemblea:
a) Valutazione della proposta complessiva
emergente dall’analisi dei singoli quesiti, e individuazione delle modalità di
gestione della campagna referendaria;
b) Formazione di uno (o più)
gruppo/i di lavoro nazionale/i per:
- l’organizzazione
complessiva della campagna referendaria;
- l’elaborazione di un
vademecum informativo e dei materiali generali;
- l’organizzazione di un ufficio
comunicazione e stampa;
c) Formazione dei gruppi regionali per
garantire il funzionamento delle reti locali in sinergia con le reti nazionali;
d) Individuazione
dei criteri di raccolta fondi per garantire un’adeguata operatività delle
iniziative (manifesti, volantini, spostamenti per convegni, assemblee, ecc.);
e) Formazione
di un gruppo di coordinamento delle iniziative locali e nazionali per favorire
il potenziamento sinergico tra lotte su singole vertenze e referendum, ed il
collegamento con i coordinamenti che stanno sorgendo in tutta Italia sia per
contrastare le riforme costituzionali sia per contribuire alla raccolta delle
firme per altri referendum (Italicum, Scuola, Job Act, ecc.).
Roma, 26 ottobre 2015
Coordinamento
Nazionale No Triv
garganistan 2015
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